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12 dicembre 2009 6 12 /12 /dicembre /2009 15:43

Simbolo ulivo Caro Sindaco le scriviamo questa lettera per ricordarle che anche il Partito dei Comunisti Italiani di Apricena, fa parte della coalizione Ulivo per Apricena, (DS, Margerita, IDV, Socialisti, Ass. Berlinguer, PdCI) che di fatto governa la nostra cittadina. Purtroppo noi del PdCI (non per colpa dell’attuale classe dirigente) non abbiamo nessun esponente nel consiglio comunale ;di conseguenza abbiamo difficoltà ad essere partecipi alla vita politica Apricenese. Come sicuramente lei ricorda, noi insieme alle altre forze della coalizione di maggioranza eravamo convenuti alla decisione di incontrarci con cadenza mensile per discutere dei problemi, di programma e delle prospettive di Apricena,ma dobbiamo constatare il fatto che è ormai molto tempo che di questi incontri non si vede nemmeno l’ombra. Queste riunioni per noi erano molto importanti perché ci permettevano: di essere sempre aggiornati sui lavori della giunta e comunque partecipi alle decisioni:poi noi avevamo la possibilità di dare delle risposte ai cittadini e in particolare ai nostri tesserati sulle problematiche che interessano Apricena. Ora purtroppo non siamo in grado di dare risposte alle domande semplici come per esempio Perché la raccolta differenziata va a rilento? e perché non riesce a partire una raccolta porta a porta? S.Marco in Lamis e S.Paolo Civitate appartengono al nostro stesso ATO (FG1) e pure la raccolta porta a porta è partita , anche con ottimi risultati. Per colpa di questi ritardi gli apricenesi sono costretti a pagare un ecotassa di 15 euro a tonnellata di rifiuti prodotti. Perchè il piano regolatore generale ormai approvato da un anno non riesce a sbloccarsi? Le uniche zone edificabili paradossalmente sbloccate sono “teoricamente” rischiose visto che sono contigue al canale Vallone (via S. Pellico e via San Nazario ) Perché non riesce a partire il programma di manutenzione e messa in sicurezza del Cimitero, dove ci hanno fatto notare che ci sono zone “poco curate”? Poi c’è il programma amministrativo, dove ci sono voci al quanto fantasiose come: Attivazione del centro direzionale del marmo, ampliamento della zona artigianale esistente, pavimentazione in pietra di via Roma, realizzazione nuova circonvallazione via San Severo-provinciale per Poggio Imperiale, tassa su estrazione della pietra, e come canta Gaber in una sua famosa canzone (Qualcuno era comunista) eccetera, eccetera, eccetera. Noi siamo consapevoli delle difficoltà che lei e l’intera giunta avete nel governare Apricena visto la crisi, che ha colpito inevitabilmente anche il comune e i ripetuti tagli del governo centrale, ma non riusciamo a capire le motivazione che la spingono a non rispettare gli accordi, accordi presi tra uomini. Noi del PdCI di Apricena , prendiamo atto di tale situazione che si è venuta a creare, e visto che a differenza di altri partiti, per costituzione genetica, non siamo disposti a fare le comparse, umilmente facciamo un passo indietro e ci tiriamo fuori dalla coalizione “Ulivo per Apricena”. Il nostro paese, a differenza di quello che qualcuno vuol far credere, ha dei problemi e noi vogliamo dare il nostro contributo per risolvervi, utilizzando il dialogo e il confronto politico,ma prima di tutto c’e bisogno del giusto rispetto tra tutte le forze politiche.

Distinti saluti

 

Apricena 03-12-2009

 

                                                                                               Partito dei Comunisti Italiani di Apricena

                                                                                                                Sez. Giuseppe Di Vittorio

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7 dicembre 2009 1 07 /12 /dicembre /2009 17:34
Migliaia di agricoltori organizzati dalla CIA-Confederazione Italiana Agricoltori a bordo dei loro mezzi, lungo le principali arterie del Paese denunciano, in concomitanza dei periodi di raccolta, il continuo levitare dei costi di produzione agricola a fronte del costante decremento dei prezzi di vendita dei prodotti.

                Conseguenza della innegabile contrazione dei redditi, denuncia la categoria, è l’ulteriore ridursi delle quantità di produzione vendibile e del valore aggiunto ricavabile.

Al netto delle gravi speculazioni parassitarie gravanti sulla lunga filiera agroalimentare, che se pure originano dal basso prezzo sui campi, dispiegano i loro reali effetti nefasti sui prezzi al consumo.

                La generale situazione di difficoltà, denunciano gli agricoltori, è infine aggravata dall’ulteriore furto di valore aggiunto compiuto alla distribuzione, da prodotti alimentari provenienti dai più diversi paesi o contraffatti, fraudolentemente offerti come italiani.

 

Una condizione che espropria l’agricoltore da qualsivoglia ruolo nella determinazione del prezzo di vendita dei prodotti, ancor meno nel processo di trasformazione agro-industrale  in cibo l’acquirente.

                Questa mortificazione del valore dei lavori esercitati in agricoltura, che crea tensioni sociali rilevanti, è scarsamente esplicita nelle piattaforme della categoria.

A leggerle queste piattaforme sostanzialmente uguali, distinte solo nelle procedure di mobilitazione con più consistente Coldiretti, espongono un unico reale obiettivo: l’intervento finanziario pubblico in agricoltura.

Alle competenze di Regioni, Ministeri, Governo nazionale e Comunità Europea è chiesto: incremento finanziario del Fondo nazionale di solidarietà; invarianza della pressione fiscale, sgravi e incentivi tributari e contributivi; eliminazione di accise ed Iva su gasolio agricolo; proroga delle agevolazioni contributive; ripristino dei finanziamenti dei contratti di filiera; la chiusura dei corridoi verdi che consentono l’importazione di ortofrutta, olio, vino, latte; il ripristino dei dazi sul grano duro; erogazione di aiuti di Stato fino a 15mila euro per azienda, ecc. ecc.

                Più  precisi gli intenti imprenditoriali di Confagricoltura, nel realizzare più consistenti livelli di concentrazione - possesso delle aree coltivabili, in presenza dell’oggettiva crisi di conduzione attraversata delle aziende di piccola dimensione ed a conduzione familiare.

E’ rivendicato infatti, il rinnovo del pacchetto di agevolazioni fiscali per l’acquisto e l’ampliamento della proprietà coltivatrice e per gli allevatori che acquistino quote latte; nonché aiuti  supplementari per i bieticoltori che intendano diversificare le loro attività produttive e nuovi crediti all’export.

Per tutti rimane valida ,infine, la perorazione a sospendere le procedure di riscossione dei vecchi crediti e la contestuale richiesta di accesso a nuovi crediti a tassi agevolati, ecc. ecc. ecc..

                Poco o null’altro sembrerebbe rimanere, nelle mobilitazioni di questi giorni, delle altre rilevanti problematiche caratterizzanti questo primario comparto dell’economia nazionale e mondiale, oltre alle declaratorie di principio, sull’indiscutibile contributo offerto alla manutenzione dei complessi ecosistemi ambientali coinvolti e delle specie più particolari della fauna e della flora.

Oltre l’assieme di interessi a mantenere inalterati e protetti i luoghi produttivi dell’agri-turismo e delle particolarità della produzione agricola familiare, specialmente per le preziose nicchie di prodotti e metodi di conservazione della profonda tradizione contadina.

                C’è invece, un’altrettanto rilevantissima questione, tanto macroscopica quanto colpevolmente sottaciuta dalle più parti in causa, che sintetizzo nel modernissimo logo antico de: “ il proletariato non ha nazione”.

                Nessun altro comparto dell’economia globale come quello agricolo, infatti, rende evidenti in forme così dirette ed esplicite, tutti i fenomeni di depressione salariale e di distruzione del mercato del lavoro in atto, sia nei paesi avanzati come il nostro, sia in quelli non sviluppati e da cui ci si vorrebbe addirittura difendere, con indecenti rivendicazioni protezioniste e di respingimento di uomini e prodotti alimentari.

                Le forme materiali ed immateriali con cui si è andata estendendo la povertà, ulteriormente precipitate in questi ultimi decenni, sono state tanto irrompenti e pervasive da costringerci oggi, ad interrogarci sul destino dell’umanità, banalmente intesa come sostantivo contrapposto alla disumanità.

                Per la grande maggioranza dei lavoratori dipendenti addetti all’agro-industria questa condizione è una realtà incontestabile, sia laddove essi producono alimenti per i ricchi di altri paese e non hanno di che mangiare, sia in Italia dove permangono sacche di consuetudini all’ illegalità diffusa: dal caporale-collocatore al sottosalario strutturale a connotazioni neo-schiavistiche per lavoratori comunitari o extra-comunitari che siano. Accanto a vaste aree di produzione ortofrutticola, vessate da una lunga filiera di intermediazioni commerciali ad altissimo tasso criminale.

                Alcuni esempi possono meglio far comprendere il valore delle questioni in gioco.

Il primo, non proveniente dal terzo mondo, è dato da un recente studio del sindacato dei lavoratori agricoli degli Stati Uniti, l’ United Farm Workers.

Ogni mela prodotta negli Usa viene tagliata a fette, venduta e mangiata da tutti tranne coloro che la coltivano, sicché per 1 dollaro incassato dalle mele, 4 centesimi di dollaro vanno al lavoratore; 7 centesimi all’agricoltore; 21 centesimi al grossista ed al trasportatore; 68 centesimi vanno al distributore che di solito si chiama Wal-Mart o Safeway.

                Il secondo viene dall’antica sapienza contadina delle terra della Puglia dell’olivo.

Fino a qualche decennio fa il prezzo di un chilo di olio era considerato equo, se uguale a quello di un chilo di carne bovina ed a quello di un chilo di formaggio pecorino.

Oggi sono evidenti le differenze di prezzo al consumo tra questi prodotti ed il prezzo corrente dell’olio d’oliva, oggetto e soggetto di  pesanti speculazioni multinazionali, compiute dal cartello delle tre aziende italiane leader nel settore. Altrettanto nota è la cronaca quotidiana su chi sono, da dove vengono, dove e come vive, la stragrande parte dell’umanità addetta alla raccolta di questi prodotti.

                Dobbiamo dunque, immediatamente riprendere, noi Comunisti Italiani anche nella Federazione della Sinistra, un lungo lavoro di rilettura politica dei rapporti sociali e di produzione esistenti, nelle differenti zone agricole del Paese.

                E’ necessario ricomporre fattori generali e fattori specifici territoriali, in una piattaforma politica, sociale e rivendicativa, sostenibile per parti da tutti i soggetti attivi della produzione agro-alimentare.

                E forse, proprio a partire dalle attuali rivendicazioni degli agricoltori e dei lavoratori per conseguire il giusto riconoscimento all’equità sociale, vanno poste le questioni del reddito d’impresa e del reddito da lavoro dipendente affinchè entrambi operino a garantire sia l’affermazione dei diritti al lavoro che quelli relativi alla qualità, sicurezza, salubrità e fruibilità a tutti, di prodotti e cibi.

News Comitato Regionale
Scritto da Franco De Mario   
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3 dicembre 2009 4 03 /12 /dicembre /2009 20:32
In data 5 Dicembre noi dei Comunisti Italiani di Apricena parteciperemo alla manifestazione nazionale (No Berlusconi Day) che si terrà a Roma per chiedere le dimissioni del Ministro del Consiglio… e queste sono le nostre motivazioni:
- Iniziando dai tagli all’istruzione pari a 7,8 miliardi di euro ed un taglio di 87.341 docenti nel triennio 2009-2012 e di 44.500 lavoratori ATA.
- Inoltre il governo ha gestito la crisi attuando solo spot pubblicitari senza intervenire realmente sul problema, senza creare ammortizzatori sociali, senza bloccare i licenziamenti, senza sostenere i redditi delle famiglie, senza aiutare le medie e piccole imprese, aiutando invece le banche che hanno creato questa crisi. Ma a loro è sembrato giusto prenderci in giro con la Social Card che è stata pronunciata come trionfante invece è stata un fallimento infatti su 1,3 milioni di aventi diritto solo 520.000 hanno presentato domanda. Di questi solo 330.000 sono state accettate e di queste distribuite solo 200.000 sono state attivate.
- Ci hanno provato anche con il Lodo Alfano che dopo un Referendum e varie manifestazioni il 7 Ottobre 2009 è stato bocciato dalla Corte Costituzionale che l’ha decretato incostituzionale perché ha violato l’art. 3 e l’art. 138 e Berlusconi come al solito ha risposto alla sentenza dicendo che i giudici sono comunisti!
- Ma tutte queste manovre non bastavano a questo governo per portare l’Italia in un baratro senza fine, ci voleva anche la riforma dei processi per permettere a Berlusconi di non andare in galera e congelare tutti i suoi processi in corso.
-Infine sapevate che questo Governo ha speso 14 miliardi di euro (28.000 miliardi di lire) per comprare 131 cacciabombardieri F-35 Jsf,. Il tutto approvato in tempi record, inoltre il Generale Fabio Mini dice che gli F-35 devono essere affiancati dai caccia F-22 RAPTOR che l’Italia non ha e che evidentemente dovrà acquistare dagli USA.
Ora ci chiediamo e vi chiediamo quanto si poteva fare con tutti questi soldi?
Secondo noi molte case in Abruzzo potevano essere costruite?
Quanti aiuti e ammortizzatori sociali potevano essere investiti per le famiglie?
Quante piccole imprese potevano essere aiutate?
Quante risorse potevano essere investite nella scuola pubblica?
Quante risorse potevano essere investite nella giustizia e Pubblica sicurezza?
Quante risorse potevano essere investiti per mettere in sicurezza il territorio italiano ?
Italiani aprite gli occhi!
www.comunistidiapricena.it
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6 novembre 2009 5 06 /11 /novembre /2009 22:03
Una delegazione del Partito dei Comunisti Italiani, composta dal Segretario Regionale Giuseppe Merico e dal responsabile regionale degli enti locali Franco De Mario, ha incontrato il Presidente della Regione Puglia Vendola, aderendo alla sua richiesta.

  Nel lungo incontro franco e cordiale, abbiamo avuto modo di ribadire il nostro giudizio critico sui cinque anni di governo della Regione Puglia. Un giudizio che certamente non sottovaluta le cose positive che pure sono state fatte e le difficoltà dovute anche alle condizioni di partenza. 

  Quel ch’è mancato é il segnale forte di discontinuità nei metodi di governo e nella gestione delle risorse pubbliche. L’esperienza è stata segnata da una torsione presidenzialista della gestione, mediata in una logica di potere essenzialmente col PD. 

 
  E’ venuta meno ogni pratica di coalizione, per questo oggi è divisa, ed è stata mortificata la Politica ed il ruolo dei partiti.  


In questo quadro, riteniamo sbagliato ridurre l’emergere della questione morale in Puglia a comportamenti errati di singoli: vi è, a nostro avviso, una responsabilità collettiva dell’esecutivo e del suo Presidente, dovuta alla incapacità di svoltare rispetto al passato, tagliando col sistema di potere alimentato dalla cattiva spesa pubblica e con gli uomini che lo rappresentavano.

  La mancata attribuzione delle deleghe alle Province delle attività di gestione, la mancata riforma dei consorzi di bonifica, degli IACP, degli IPAB, il loro procrastinato commissariamento, negando una gestione democratica, il valzer delle nomine nei diversi enti a partire dalle USL, tutte queste cose ci dicono che la questione morale è pure il frutto del precipitato di una questione democratica di cui la “solitudine” del Presidente è anche causa. 

  Alla riflessione serie e approfondita di cui vi era e v’è bisogno, purtroppo finora il Presidente Vendola ed il PD hanno preferito la mera tattica politica. Anziché riscoprire le ragioni della vittoria e dell’alleanza di cinque anni fa per rilanciarle, correggendo gli errori fatti, si è perseguito sfacciatamente l’obiettivo di scaricare RC e PDCI per aprire a UDC e a IO SUD, senza alcun risultato.

  Oggi, al tardivo tentativo di riaprire un dialogo, non rispondiamo col risentimento. Ma è del tutto evidente che una possibile alleanza col centro sinistra da parte nostra deve prevedere alcuni punti fermi:

1) Non siamo disponibile all’alleanza con formazioni e movimenti sfacciatamente di destra, né a concorrere ad agitare strumentalmente la questione meridionale per giustificarla, né siamo disponibili ad alimentare fenomeni di trasformismo: non ci si può alleare con chi sino ieri era leader del polo in Puglia.

2) Il centro sinistra non può accusare Berlusconi di essere un monarca e poi praticare gli stessi medoti alla regione e negli enti locali, contribuendo a distruggere una cultura e una pratica politica democratica e di comunità che dovremmo essere impegnati a ricostruire.

3) E intollerabile che chi ci propone oggi di allearci nuovamente, dopo averci considerato l’agnello sacrificale per una mendicata nuova alleanza con UDC e IO SUD, continui a svolgere una operazione disonesta di denigrazione presentandoci come una forza incapace di assumere responsabilità di governo dopo averci unilateralmente escluso.


Si sappia che non siamo disponibili a regredire rispetto ad una cultura e una pratica realmente riformatrice che è nella storia dei comunisti italiani.

  Ora, sulle questione innanzi indicate, e che abbiamo prospettato al Presidente Vendola, ci aspettiamo segnali chiari ed inequivocabili, innanzitutto dal PD. 

  Se queste risposte ci fossero, il terreno del confronto programmatico deve avere al centro la rigorosa qualificazione della spesa pubblica, nel mezzogiorno purtroppo sempre utilizzata dai diversi governanti per alimentare il sistema di potere più che per cambiare le sue condizione materiali e che, per la sua rilevanza, finisce per condizionare la stesa vita democratica. 

  Infine, riteniamo necessario per dare credibilità ad un rinnovato impegno, un rinnovamento della classe dirigente, a partire dalla leadership.
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16 giugno 2009 2 16 /06 /giugno /2009 11:45
Liste                                                           Voti               %
PDL                                                        1.935           34,3
LEGA NORD                                               14            0,2
 PD                                                          2.059          36,5
IDV                                                              362            6,4
UDC                                                            401            7,1
PRC - PDCI                                               275            4,9
SINISTRA E LIBERTA'                             476            8,4
LA DESTRA - MPA - PENS - ADC            25            0,4
LISTA BONINO - PANNELLA                    28            0,5
FIAMMA TRICOLORE                                 29             0,5
FORZA NUOVA                                            32             0,6
LIB. DEM. - MAIE                                            5             0,1

Schede bianche: 57
Schede nulle: 187

                                                                       GRAZIE
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5 giugno 2009 5 05 /06 /giugno /2009 12:47

                                    Il 6-7 giugno
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19 maggio 2009 2 19 /05 /maggio /2009 11:55

Organizzatore:: Enza Tenace / Raffaella Spinelli 

Lucia Ferrazzano / Paolo Domenico Bevere 

Inizio: sabato 23 maggio 2009 alle ore 0.00

Fine: lunedì 25 maggio 2009 alle ore 23.00

Luogo: Partito dei Comunisti Italiani di Apricena Indirizzo: via A.Diaz 43

 

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9 maggio 2009 6 09 /05 /maggio /2009 16:25
BARI, sabato 9 maggio 2009 - ORE 13.56

Con una lettera a Silvio Berlusconi e, per conoscenza, al Presidente del Partito Popolare Europeo Wilfried Martens e al Capogruppo Partito Popolare Europeo al Parlamento Europeo Joseph Daul, l'europarlamentare uscente Marcello Vernola, eletto cinque anni fa nelle liste di Forza Italia ma non ricandidato in questa tornata elettorale, ha deciso di abbandonare il PDL. Le motivazioni sono state ribadite questa mattina, durante una intervista a Radio Nova. "Avevo partecipato con entusiasmo alla costituzione del Pdl, e vi avevo partecipato come delegato di diritto insieme agli altri parlamentari europei - scrive Vernola a Berlusconi - La delusione però, nel constatare l'assoluta mancanza di democrazia interna, è stata talmente forte dal convincermi del passo unico possibile: abbandonare questo partito. Il Popolo della Libertà, che vuole rappresentare in Italia il popolarismo europeo non ha, purtroppo, nulla dei nobili principi del popolarismo. Anzi, va sempre più configurandosi come una formazione autoritaria, incapace di garantire luoghi di confronto tra voci diverse. Dopo che Forza Italia aveva nominato i parlamentari nazionali secondo la volontà dei soli vertici di partito, pensavo che lo scivolone formale, sostanziale e qualitativo del 2008 venisse colmato con un doveroso cambio di rotta in virtù della nascita ufficiale del nuovo partito. La vicenda delle liste per le elezioni europee - continua Vernola - doveva essere il primo banco di prova importante per il neonato Pdl, invece ha rappresentato la prima clamorosa e inquietante testimonianza di come si intenda procedere. Le liste sono state composte con criteri antidemocratici, dettati dai gusti del capo-partito e dalle simpatie e antipatie dei capetti locali, ministri e non.( Evidente il riferimento al ministro Fitto, ndr). Nonostante le Sue reiterate affermazioni di salvaguardia delle capacità dimostrate dai singoli nei lavori europarlamentari, con un semplice tratto di penna alcuni nomi, fra cui il mio, sono stati esclusi dalle liste. Può, l'essere "fidanzata del figlio di un prefetto amico di…", ( il riferimento qui è a Barbara Matera, ndr) costituire la motivazione esaustiva per l'inserimento in lista di una pur bella ma acerba neolaureata? L'aver scambiato il ruolo di parlamentare europeo con quello di uno stageur è offensivo per l' istituzione europea, che necessita invece del lavoro qualificato di un personale politico in grado di studiare e proporre leggi che poi avranno riflesso sulla vita dei cittadini di tutti i Paesi che compongono l'Unione europea. Italia inclusa. Il corso di formazione per giovani donne, eccellenti magari nella recitazione e nel canto, non può costituire un metodo democratico di scelta dei migliori da candidare al Parlamento europeo. Tanto più in presenza di una palese volontà di costruire liste semi-bloccate predeterminando gli eletti attraverso l'esclusione dei parlamentari uscenti più forti. Del resto le liste non sono state neanche vagliate, nè tanto meno votate, dall'ufficio di presidenza del partito nè dalla sua direzione nazionale. Si potrebbe inoltre discutere delle novità che il partito presenta, ma che sono nuove semplicemente perchè vengono da altri partiti, o per la situazione giudiziaria di alcuni, che altrove sarebbe stata ostacolo insormontabile, ma non nel Pdl. Scelte fatte dal leader del partito, che nel frattempo al popolo ha concesso solo il nome del movimento politico e una farsa, quella dei gazebo, per la nomina dei delegati al congresso con liste bloccate. Nomi designati dagli apparati di partito, che hanno escluso pregiudizialmente le decine di migliaia di militanti dei Circoli della Libertà da Lei promossi per favorire la partecipazione popolare. Potrei continuare con la mancata elezione degli organi congressuali, dall'ufficio di presidenza alla direzione nazionale; con l'esclusione del capo delegazione al Parlamento europeo dall'ufficio di presidenza, nonchè con la lottizzazione a tavolino di tutti i coordinatori regionali e provinciali e persino dei loro vice. Un leader vero è autorevole, non autoritario. E questo non è un partito degno di rappresentare il popolo, di cui porta il nome. Io invece - conclude Vernola - voglio conservare la libertà di continuare il mio impegno nella tradizione del popolarismo europeo al servizio del popolo, in spirito pienamente democratico. Ed è con questo spirito che continuerò a fare politica, nel Ppe, libero e forte". 

redazione Teleradioerre 


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5 maggio 2009 2 05 /05 /maggio /2009 19:54

Ringraziamo tutti..anche e soprattutto coloro i quali,pur non condividendo gli ideali del PDCI,hanno contribuito all'invio di beni necessari alle popolazioni colpite dal sisma in Abruzzo.

Nella foto vedete solo una parte dei capi di vestiario raccolti e spediti il 18 aprile.

 

Il PdCI di Apricena.

 

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30 aprile 2009 4 30 /04 /aprile /2009 00:52

La mattina del 30 aprile 1982, insieme a Rosario Di Salvo, Pio La Torre stava raggiungendo in auto (una Fiat 132) la sede del partito. Alla macchina si affiancarono due moto di grossa cilindrata: alcuni uomini mascherati con il casco e armati di pistole e mitragliette spararono decine di colpi contro i due uomini. Pio La Torre morì all'istante mentre Di Salvo ebbe il tempo per estrarre una pistola e sparare alcuni colpi, prima di soccombere.

                 

 

Era il Segretario Generale della Cgil siciliana. Lottava per migliorare la condizione dei braccianti agricoli e dei contadini ma seguiva con molta attenzione il processo allora crescente di industrializzazione. Tenne a battesimo i primi nuclei di classe operaia, di proletariato industriale che si andavano formando in Sicilia nel fervore delle tante attività che si installavano attorno ai grandi impianti della Chimica.

E’ figlio di contadini poverissimi, è un siciliano che viene dalla terra più misera. E’ nato nella borgata di Altarello di Baida, frazione di Palermo. In casa dormivano insieme alle bestie, non avevano la luce elettrica. Ha fatto le lotte dei braccianti, la dura trafila politica dei comunisti siciliani, ed è arrivato fino a Roma, come deputato nazionale e membro della Commissione antimafia. Ma nel 1981 ha chiesto al partito di tornare a Palermo, e il suo desiderio è stato subito esaudito: a Botteghe Oscure, i fatti siciliani sono sempre difficili da capire, e, se si trova un volontario, lo si accontenta subito. La Torre, poi, ha persino preparato una proposta di legge antimafia, molto articolata, in cui si chiede di indagare sui patrimoni, oltre che sulle persone. Una novità. Strana, come tutte le novità. A Palermo si è subito buttato nella propaganda contro la base missilistica di Comiso. Spiega ogni giorno che, se entrerà in funzione, arriveranno 10.000 soldati americani, la Sicilia diventerà una specie di portaerei, porto franco, e tutti i traffici illeciti con gli Stati Uniti diventeranno più facili. Promuove petizioni, raccoglie firme. Alla federazione di Palermo non è che siano entusiasti di lui, dell’ex contadino che guidava le lotte dei braccianti e che ora si appassiona ai pacifisti di Comiso. Anche nel Pci siciliano ci sono dirigenti che si sono stufati di vivere nel passato, e vogliono poter dire la loro sul futuro. E se il futuro sono grandi appalti, grandi opere, allora non bisogna restarne fuori

Aveva una capacità di trascinazione straordinaria dovuta alla innocenza e genuinità dei suoi ideali: credeva davvero nelle cose che proponeva. La forza enorme delle sue convinzioni seduceva e mobilitava le persone.

 

Pio La Torre aveva fatto balenare ai siciliani la possibilità di un profondo storico cambiamento

Il PCI siciliano, dopo di lui, si ricorda per due cose: l'appoggio dato al movimento per l'abusivismo edilizio capeggiato dall'Onorevole Monello Sindaco di Vittoria e legittimato dalla segreteria regionale del partito ed il convegno di Villa Witaker con i cavalieri del lavoro catanesi che tracciava un progetto di sviluppo sul modello Catania spacciata per la Milano del Sud, due scelte che hanno inciso profondamente anche all'Assemblea regionale siciliana aprendo una fase di degenerazione dell'Autonomia oggi culminata nel governo Lombardo dopo i governi Capodicasa, Cuffaro... Oggi la Regione Siciliana è una mostruosa sanguisuga che assorbe le risorse della Sicilia. Spende miliardi di euro per la sua stessa burocrazia e per alcune categorie sussidiate. Sono convinto che se non esistesse i siciliani starebbero assai meglio. Il sogno di Pio di una Sicilia sviluppata dalla sua Autonomia è finito in una palude. Sul versante della lotta alla mafia, l'opera di Pio La Torre ha dato i suoi frutti maggiori non solo per la legge che porta il suo nome ma anche per avere aperto la strada ad una generazione di magistrati che si è impegnata e che ha avuto i suoi martiri da falcone a Borsellino a tutti gli altri.

 

Ma La Torre è uno che ha visto anche gli arricchimenti; a lui i nomi dei morti di Palermo dicono qualcosa. Spulcia negli elenchi della camera di commercio e nota che sono registrate aziende che partono con un capitale di un milione e in tre anni lo aumentano fino a tre miliardi. Ogni mese un aumento di capitale. Di queste cose parla nelle riunioni politiche; dice di fare attenzione a quelli che consigliano di entrare finalmente a fare parte del governo effettivo della città.

 

Perché è stato ammazzato Pio La Torre? 
Per Comiso? 

Tanti dicono di sì. L’ha ucciso il “potere occulto sovranazionale”, termine che ha sostituito “criminalità organizzata”, a sua volta eufemismo di mafia.

 

Nell’estate del 1992 arrivò però un’altra versione, fornita da Leonardo Messina, mafioso pentito del paese di San Cataldo, in provincia di Caltanissetta. Secondo Messina, La Torre fu ucciso su ordine di Totò Riina, capo dei corleonesi, preoccupato per il suo attivismo e in particolare per la sua proposta di legge riguardante i patrimoni dei mafiosi. Riina incaricò dell’uccisione Loreto Plicato,di Vallelunga, uno stiddaro che costruiva armi da fuoco. Plicato uccise La Torre, disse Messina, ma Riina non si fidava totalmente di lui, così dopo una settimana lo fece uccidere.

Giovedi'  30 aprile alle 12,oggi quindi, alla presenza del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, avra' luogo, a Montecitorio, la cerimonia di scoprimento di una targa in onore del deputato Pio La Torre. Interverra' il Presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini.

 

Grazie a wikipedia e Pietro Ancona.

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